Libero e impunito il papà dell'ecstasy di Mario Iannaccone, 02-01-2012,
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È il più grande drug designer del
mondo ma non è un fuorilegge. Alexander “Sasha” Shulgin, classe 1925, nato a
Berkeley, si considera uno scienziato puro ma le sue creazioni si diffondono,
in forma di pasticche o cristalli, nei bar, nelle discoteche, nei rave party
del mondo intero.
Sembra un simpatico nonno
californiano con quelle camicie a fiorami, la testa aureolata dai capelli
candidi, la brocca di limonata sempre pronta sul tavolo. Vive in una casa nella
Bay Area, non lontano da San Francisco, ed è amato per i modi squisiti con cui
accoglie gli ospiti assieme alla moglie Ann, psicoterapeuta. Laureato in
biofarmacologia, ha lavorato presso l’esercito, specializzandosi in
farmacologia psichiatrica, e poi alla Dow Chemicals. Nel 1960 fu introdotto
nella cerchia dei devoti psichedelici dopo l’assunzione di una robusta dose di
mescalina, come Huxley, Leary o Alpert. Nella Berkeley rivoluzionaria del
decennio 1967-1976 divenne uno degli animatori della scena psichedelica in
versione scientifica. Da allora si è dedicato allo studio delle sostanze
psicoattive lavorando con le formule come uno scienziato da film. Si dice che
in casa sua le formule chimiche siano tracciate ovunque, anche sulle pareti.
Quando la DEA l’avvisò che
rischiava incriminazioni pesanti convenne ch’era meglio diventarne consulente
ricevendo così un salvacondotto per continuare il suo lavoro. Già, perché la
sua esperienza è considerata inestimabile. Shulgin è in assoluto il più
prolifico inventore di droghe sintetiche del mondo e anche il più prudente.
Alla sua creatività si debbono ben 200 droghe nuove (oltre 250 precisano
altri). Alcune di queste sono diffusissime. E pericolose. Mentre altri sono
finiti dietro le sbarre o sono rimasti latitanti per decenni, come il
leggendario Nick Sand condannato da un giudice “per aver contribuito alla
degradazione dell’umanità”, lui, grazie alla sua condotta accorta, è rimasto
libero e sempre in cordiale contatto con il mondo accademico.
Shulgin vive in una specie di
ranch nelle verdi colline dell’entroterra di San Francisco dove ha attrezzato
un laboratorio fornito per continuare il suo lavoro nella massima discrezione,
ammiratissimo dagli “psiconauti”, vituperato da pochi e ignoto al grande
pubblico. Al contrario del messia spaccone Timothy Leary, Sasha si considera
uno scienziato puro, esploratore degli stati alterati di coscienza, quei reami
fatati, o atroci, cui si accede grazie a molecole dai nomi interminabili. Basta
cambiare la posizione di un atomo – spiega – modificare di poco la temperatura
di una “cottura” e la stessa molecola rivela porte occulte. Come nel mondo di
Alice, la via che sembra portare al paradiso ti trascina nel peggiore degli
incubi. Perciò ci vuole prudenza e così, quando annuncia una novità, l’assaggia
in compagnia dei gourmet della psiconautica. Verso sera, la domenica, dopo una
cena leggera, invita alcuni eletti cui distribuisce la sostanza e un lungo
questionario affinché vengano annotate e descritte le peripezie della coscienza
dell’assuntore. Il tutto viene poi riscritto in bella prosa e pubblicato con
tanto di formula e ricetta.
A parte Ann, il “grande amore” di
Shulgin è l’ecstasy (MDMA). Nel 1976 la fece conoscere allo psichiatra Leo Zeff
che la ribattezzò adam perché, secondo lui, aveva la caratteristica di
riportare l’uomo alla situazione adamitica, e se ne fece promotore fra colleghi
e pazienti. Nei primi anni Ottanta, l’ecstasy era considerato un farmaco
facilitante nelle psicoterapie brevi, commercializzata in bevande e salutata,
sulla grande stampa, come il toccasana degli yuppie. Con il nome “ecstasy”
vendeva di più. Poi se ne scoprirono i pericoli e fu dichiarata illegale nel
1985.
Shulgin è sempre rimasto lontano
dal mondo degli spacciatori, il suo interesse è sempre stato quello di
esplorare le “frontiere della coscienza”. Ha conservato la purezza dello
scienziato ricercatore, di quelli che sperimentano senza curarsi delle
applicazioni letali delle loro scoperte. Le sue droghe percorrono un destino
tipico: restano legali per un po’, cominciano ad essere conosciute, vengono
inserite nelle tabelle delle droghe illegali, poi entrano nel circuito del
mercato nero. I produttori non faticano a scoprirne la formula perché è lo
stesso, ambiguo, Shulgin a rivelarla (non è il comportamento del perfetto
libertario?). E così, mentre lui conduce i suoi esperimenti tra le colline
verdeggianti della Bay Area, alchimista sorridente, milioni di giovani si
dedicano ad un consumo scriteriato, dannoso e persino letale dell’ecstasy e
delle sue infinite varianti (conosciute con il nome collettivo di Mdxx).
Formule e processi di produzione
sono stati inseriti in libri come Phikal e Thikal, manuali (cookbook, in gergo)
che aiutano il più inesperto chimico a produrre potenti “enteogeni”, dalla
tossicità spesso ignota. Questi libri circolano liberamente su internet da un
decennio. Icona dei libertari, degli antiproibizionisti con il pallino
dell’ingegneria sociale, “Sasha” Shulgin e la sua enciclopedica conoscenza
delle droghe potrà contare sino alla fine dei suoi giorni sulla più completa
impunità. Del resto, vicino ormai ai novant’anni, tutti i danni che poteva fare
li ha già fatti.
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