Il fondamento dell’essere, commento al pensiero di William Carroll - Il
prof. Giuliani commenta l’intervento di Carroll al “Meeting” di Rimini - 10
settembre, 2012 - http://www.uccronline.it
di Alessandro Giuliani*
*biostatistico e primo
ricercatore presso l’Istituto Superiore di Sanità
L’intervento al meeting di Rimini
del prof. William Carroll, professore di Scienza e Religione ad Oxford, di cui
una bella sintesi appare su “Ilsussidiario.net” è una luce che squarcia la
nebbia, semplice ed essenziale, ci riporta ai fondamenti del pensiero rendendo
sostanzialmente inutili lunghe e penose diatribe sul ‘problema delle origini’ e
sui rispettivi ambiti di scienza e religione.
La sua tesi fondamentale è
riassunta in questa frase «le scienze naturali hanno come loro oggetto il mondo
delle cose che mutano: dalle particelle subatomiche, alle ghiande, fino alle
galassie. Ogniqualvolta c’è un mutamento ci deve quindi essere “qualcosa” che
muta. Gli antichi avevano ragione: dal nulla non deriva nulla se s’intende il
verbo “derivare” come indicante un mutamento. Tutti i mutamenti richiedono,
quindi, una realtà materiale sottostante». La filosofia (attenzione, non
necessariamente la teologia) ha invece a che vedere con l’essere, con il
sostrato fondamentale su cui il mutamento si innesta, sull’essenza della
‘realtà materiale’ appunto. Questa semplice notazione divide immediatamente gli
ambiti senza nessun pericolo di sovrapposizioni indebite e di confusione di
piani.
Direi che più o meno tutta la
filosofia, da Parmenide ad Heidegger, si è aggirata intorno al problema della
definizione dell’essere, salvo poi, (per sopraggiunta pigrizia intellettuale?
Per sfiducia nelle proprie capacità? Per motivi biecamente accademici?..)
dimenticarsi del suo ruolo specifico (e tutto sommato della sua ragion d’essere)
per limitarsi ad inseguire le scienze con postille e commenti a posteriori
sostanzialmente inutili e leziosi. E’ impossibile dare anche una pallida idea
del dibattito filosofico di millenni sul problema dell’essere, per cui mi
limiterò alle suggestioni più immediate suscitate dalla lettura delle
affermazioni di Carroll cercando di giustificare come solo una previa
separazione di ambiti tra la scienza e la filosofia permetta poi di gettare un
ponte tra le due sponde (un ponte è cosa ben diversa dall’essiccamento del
fiume che scorre in mezzo, anzi la presenza di un ponte sancisce ulteriormente
la necessità di considerare due ambiti -le rive- distinti) e di come questo
ponte abbia un carattere profondamente religioso. Di seguito quindi dei
‘ricordi a memoria’ di pensieri che mi hanno convinto nel profondo:
1) Tommaso d’Aquino: nei
‘Preambula Fidei’ (quindi qualcosa che ‘viene prima’ della fede, non un
articolo di fede) inserisce il sentimento di una unità sostanziale del mondo
data dal fatto che tutte le creature, ma anche i sassi, i pianeti, gli
elementi, condividono la caratteristica dell’essere, questa caratteristica,
proprio perché è comune non proviene autonomamente da loro, proprio perché
nulla è incausato e la causa, per essere una causa, deve essere esterna alla
cosa causata. Questo, dice Tommaso, è il primo ‘sentore’ di Dio.
2) Enrico Medi: sulla stessa
linea il grande scienziato e profondo cattolico Enrico Medi, uno dei più
brillanti allievi di Fermi, scrive una bellissima ‘preghiera dello scienziato’
in cui si immagina di rivolgersi ad un elettrone dicendogli (più o meno) ‘tu
hai l’essere ma non sei l’essere, quindi Qualcuno te lo ha fornito’.
3) Don Giussani: molto
direttamente, unificava il senso religioso alla percezione del ‘tutto’ e cioè
di una necessaria unità del mondo, costituita dal suo partecipare ad una realtà
che in parte ci comprende ma da cui, proprio perché ne abbiamo sentore,
possiamo, con la parte ‘divina’ di noi trarci fuori a contemplarla.
4) Blaise Pascal: è chi più di
tutti mi ha fatto assaporare il senso delle parole di Carroll e la loro
necessità, quando da un parte ci fa capire la stupidità di chi voglia dare una
spiegazione razionale ai Fondamenti (spazio, tempo, principio di non
contraddizione, esistenza di una realtà esterna a noi..) chiarendo però che
queste cose non sono per noi inconoscibili ma che le conosciamo con una facoltà
diversa rispetto alla ragione, con quel cuore che ‘..ha ragioni che la ragione
non comprende’. Ma è proprio qui che Pascal (da grandissimo scienziato) getta
quel ponte tra le rive di cui parlavo prima quando semplicemente ci fa notare
che quei forti sentimenti del reale (che non scordiamocelo mai, viene da res,
che vuol dire cosa, stiamo quindi parlando di ciò che più concreto non può
essere, non di aria fritta) , dell’essere, sono indispensabili per avventurarsi
nella scienza che altrimenti non avrebbe alcuna possibilità di sussistere
diventando un puro esercizio auto-referenziale.
Cosa succede allora se, come
ahimè spesso capita di questi tempi, si vuol far credere che l’anima non è
altro che un gioco di neuroni, confondendo il ‘come avviene un’azione’ con il
suo motivo d’essere? Niente di più, niente di meno di quello che notava il
grande Gilbert Keith Chesterton quando ironizzava su chi, osservando il signor
Smith prendere a calci nel fondoschiena il signor Potter, spiegava l’evento in
termini di ‘flessione coordinata del ginocchio e del piede guidata dalla mira
verso le parti molli di Potter..’ invece di cercare di capire cosa Potter
avesse fatto per scatenare una tale reazione. Molto semplice da confutare un
tale atteggiamento, ma Gilbert ci avvertiva anche con spirito profetico cento
anni fa (e questa volta la citazione è esatta, è del 1911 e viene dalla sua
opera ‘Eretici’): «La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà.
Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare
le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi
razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma
assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno
attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate
per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a
difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita
umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile
universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se
fossero invisibili. Guarderemo l’erba e i cieli impossibili con uno strano
coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto». Sembra
scritto ieri …. Speriamo bene ….
Nessun commento:
Posta un commento