Matrimonio e omosessuali: i «laici» argomenti dei cattolici - Anche
seri opinionisti ne propongono deformazioni fuorvianti, 15 maggio 2012, http://www.avvenire.it
Anche Pierluigi Battista (si veda
la sua rubrica dal titolo inequivocabile «Il matrimonio gay non è una
minaccia», apparsa ieri sul Corriere della Sera), prende posizione, palesemente
favorevole, in merito alla legalizzazione delle unioni omosessuali. Posizione
ovviamente rispettabile, anzi, tanto più rispettabile in quanto lo stile di
Battista è tra i più lucidi e garbati.
Proprio per questo, però,
dispiace dover rilevare come anche lui assuma una posizione argomentativa
preconcetta e infondata, quella di chi pensa che i cattolici, convinti che
questo tema costituisca «un’offesa alla religione cristiana», si oppongano per
ragioni confessionali al riconoscimento dei diritti civili delle coppie gay. Di
qui l’esortazione (sgradevolmente paternalistica) da lui rivolta ai credenti a
smetterla di avvertire, quando si parla di questo argomento, un’«aura di
sulfureo, peccaminoso, intollerabilmente anomalo».
Le cose non stanno così.
I cattolici (nella loro
stragrande maggioranza) sono ben più maturi di come sembra ritenerli Battista;
non si sentono «minacciati» né «offesi» da nessuno, né avvertono alcun’aura di
sulfureo, quando ascoltano le tante (banali e monotone) istanze favorevoli al
matrimonio gay. Semplicemente, essi vorrebbero non essere oggetto di fin troppo
facili e infondate ironie e soprattutto che i loro argomenti (tante volte
ribaditi su Avvenire con rigore e pacatezza) fossero presi sul serio. È
esagerata questa richiesta? O è il minimo che si possa pretendere, in un
dibattito pubblico di questa portata?
Riassumiamo la questione in pochi
punti essenziali. Primo punto: il matrimonio eterosessuale non è un’invenzione
della Chiesa; è un istituto giuridico, finalizzato a garantire l’ordine delle
generazioni, riscontrabile in tutte (ripeto: tutte) le culture e in tutti
(ripeto tutti) i tempi. Corollario: difendendo il matrimonio eterosessuale, la
Chiesa difende non un dogma di fede o un principio della propria dottrina, ma
una dimensione del bene umano oggettivo. Secondo punto: si può ben procreare,
come Battista ci ricorda, al di fuori del matrimonio (questo lo sanno perfino i
cattolici!), ma la funzione del matrimonio è proprio quella di porre un
rigoroso ordine sociale nella procreazione, a garanzia delle nuove generazioni.
La crisi del matrimonio –
fenomeno ciclico, ma in questo momento storico particolarmente acuto – va
considerata con grande preoccupazione, perché è la causa fondamentale della
crisi della famiglia, fattore insostituibile di stabilità intergenerazionale e
di tutela sociale dei soggetti deboli. Corollario: piuttosto che riconoscere il
matrimonio gay, naturalmente sterile, la società dovrebbe operare per un
efficace sostegno delle famiglie (e in particolare di quelle numerose) e
dovrebbe supportare, cosa che fa solo in minima parte, l’impegno delle famiglie
a favore dei minori, dei malati, degli anziani.
Terzo punto: i diritti che
secondo Battista dovrebbero essere attribuiti alle coppie gay sono molto meno
eclatanti di quanto non possa apparire quando li si qualifica come «diritti
civili»: essi non solo sono facilmente attivabili con quello che la scienza
giuridica chiama il «diritto volontario» (reversibilità della pensione,
subentro nel contratto di locazione, assistenza ospedaliera, diritti
successori), ma in gran parte sono già ampiamente fruibili a seguito di
interpretazioni estensive delle leggi vigenti fatte dalla Cassazione.
Corollario: la vera posta in gioco, quando si dibatte sul matrimonio gay, è
simbolica, non è giuridica né sociale; i suoi fautori vorrebbero che il diritto
riconoscesse situazioni affettive, di cui nessuno vuole negare l’autenticità
"privata", ma che non hanno però in sé e per sé, alcun rilievo
"pubblico", e questo proprio in un momento storico in cui da parte di
tanti ci si batte per allentare ulteriormente i vincoli istituzionali, che
nascono dai legami matrimoniali (si pensi al "divorzio breve", ecc.).
Esiste una spiritualità del
matrimonio, che i cattolici hanno carissima, quando riflettono sul carattere
sacramentale riconosciuto da Gesù a questo vincolo. Non è però il
matrimonio-sacramento che oggi è in crisi e che va difeso, ma il matrimonio
"civile", come credo ben emerga dai punti che ho indicato. È su questi
punti, privi di qualsiasi rilievo confessionale, che insistono da anni i
cattolici, in quanto hanno a cuore il bene di tutti, credenti e non credenti.
Perché non si forniscono loro risposte convincenti, anziché deformare le loro
argomentazioni per poter farne oggetto di ironia?
Francesco D'Agostino
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