Figli sì, figli no. Ma davvero decide il giudice? di Tommaso
Scandroglio, 20-09-2011, http://labussolaquotidiana.it
Se sei fuori tempo massimo con
l’età corri il rischio di vederti tolti i figli appena nati. Lo scenario non è
futuribile, ma è di piena attualità. Il Tribunale dei minori di Torino,
presieduto dal magistrato Donata Clerici, ha infatti deciso l’adottabilità di
una bambina di poco più di un anno perché madre e padre hanno un’età quasi più
da nonni che da genitori: lei ha 57 anni e lui è arrivato alla meta dei 70.
La gravidanza della signora in
età avanzata non ha nulla di miracoloso, ma è solo l’esito dei pastrocchi della
fecondazione artificiale. La coppia dopo reiterati tentativi di ottenere un
figlio con metodi naturali e non sul suolo italico, ha tentato la fortuna in
provetta oltralpe ed è così riuscita a stringere a sé l’agognato bebè.
Perché il giudice ha deciso di
strappare dalle cure materne e paterne la pargoletta? Ecco le motivazioni: la
figlia è «il frutto di un'applicazione distorta delle enormi possibilità
offerte dal progresso in materia genetica». La pratica della fecondazione artificiale
nel caso specifico è poi «una scelta che, se spinta oltre certi limiti si fonda
sulla volontà di onnipotenza, sul desiderio di soddisfare a tutti i costi i
propri bisogni che necessariamente implicano l'accantonamento delle leggi di
natura e una certa indifferenza rispetto alla prospettiva del bambino». Inoltre
i genitori «non si sono mai posti domande in merito al fatto» che la figlia «si
ritroverà orfana in giovane età e prima ancora sarà costretta a curare i
genitori anziani, che potrebbero avere patologie più o meno invalidanti,
proprio nel momento in cui, giovane adulta, avrà bisogno del sostegno dei suoi
genitori». Rincara la dose il consulente tecnico dello stesso Tribunale: «il
dato della differenza di età per i genitori non assume alcuna rilevanza,
essendo secondario rispetto all'appagamento del bisogno narcisistico di avere
un bambino».
I giudizi severi dei giudici e
del consulente tecnico sono ineccepibili sotto il profilo morale. In punta di
diritto però le parole dei magistrati non appaiono ugualmente convincenti.
Cerchiamo di spiegarci. È chiaro che venire al mondo tramite Fivet è
un’aberrazione sia etica che giuridica, al di là del fatto che la legge 40
permetta simile pratica. L’aberrazione si fa ancora più grave – come testimonia
la pronuncia dei giudici – se si accede alla Fivet quando si è ormai over
"anta". Anzi per i magistrati pare che la fecondazione artificiale di
per sé sia cosa buona, ma diventi tanto più inaccettabile quanto più il
genitore si incanutisce («se spinta oltre certi limiti», scrive la Clerici).
Dunque nulla da obiettare sul fatto che la strada della provetta dovrebbe
recare un bel cartello di divieto di accesso.
Ma una volta che la figlia è
venuta alla luce è giusto sottrarla dall’abbraccio di mamma e papà perché
questi sono un po’ troppo in là con gli anni? Di per sé la risposta è negativa.
La differenza di età tra figli e genitori e/o l’anzianità di questi di per sé
non rappresentano motivi sufficienti per giustificare l’adozione di un figlio.
La domanda che si deve porre un giudice invece deve vertere su altro ed è la
seguente: queste due persone sono capaci di ben educare la figlia?
Solo motivi assai gravi possono e
devono portare a un allontanamento della prole dal tetto familiare: abusi,
violenze, stati di incapacità fisica e mentale molto seri, condanne penali
particolari, condizioni di acuta indigenza, stati di abbandono, etc.
L’anzianità in questa prospettiva non può essere una giusta causa di
adottabilità. L’eccezione potrebbe essere data da patologie connesse all’età
(demenza senile) o dall’impossibilità materiale di riuscire a prendersi cura
dei figli perché la vecchiaia ha spento ogni risorsa fisica e psicologica.
In particolare sostenere che
l’infante sarà presto orfano e quindi è meglio darlo in adozione, è
un’argomentazione assai debole. Che dire allora dei figli di quel genitore che
è malato terminale? Togliamo anche loro dal focolare domestico?
Inoltre il rimedio proposto dai
magistrati sarà peggio del male da curare. Infatti non è stato certamente
l’optimum per questa bambina essere venuta al mondo tramite Fivet richiesta da
coppia attempata, ma una volta nata il suo maggior bene è crescere con i propri
genitori biologici e non essere educata da perfetti estranei. Meglio essere
tirati grandi dai propri genitori-nonni che da smaglianti trentenni privi di
qualsiasi legame di sangue con la piccola.
C’è dunque da concludere che
sebbene il comportamento dei coniugi di questa storia faccia a pugni e non poco
con i principi di morale naturale, ciò non legittima la sottrazione dei minore
alle loro cure. Chi ricorre alla Fivet non per questo deve essere ritenuto un
pessimo genitore, anche se qualche macchia sul proprio curriculum di educatore
senza dubbio ci sarà. Infatti e più in particolare dobbiamo appuntare che gli
afecionados della provetta di certo non danno prova di essere perfetti
genitori: voler un figlio "prodotto" in laboratorio mette in evidenza
lacune formative di carattere antropologico e psicologico che interesseranno
anche il piano educativo. Ma tale scelta rappresenta un difetto morale che di
suo non riesce a cancellare completamente qualsiasi capacità di ben educare. E’
un inciampo gravissimo sul piano etico ma di rado ugualmente grave sul piano
della relazione pedagogica genitori-figli. Ed è solo su questa relazione che il
magistrato avrebbe dovuto esprimersi, non sulla condotta morale di per sé,
sganciata dalla prospettiva educativa. Bisognerebbe cioè provare che l’illecito
morale intacca pesantemente l’attitudine educativa. Cosa assai difficile nel
caso in questione.
L’atteggiamento dei giudici -
mettendo ora tra parentesi alcuni distinguo che faremo tra breve - è poi un po’
pericoloso sul piano sociale. Di questo passo nessuno di noi potrà mai essere
giudicato un ottimo padre o un’ottima madre perché ciascuno di noi di certo non
è perfetto nelle sue condotte morali. Seguendo questa logica rigoristica anche
gli adulteri, i divorziati e gli evasori non supereranno mai il test
attitudinale voluto dai tribunali per sapere se sono buoni genitori. E così giù
giù fino a comportamenti bagatellari
quali il fumo, il cicchetto in più (non l’acolismo), l’arrivare in ritardo in
ufficio e il calpestare le aiuole. Quindi se nessuno di noi è irreprensibile
sotto il profilo morale ne discende come necessaria conseguenza che siamo tutti
pessimi genitori?
Detto tutto ciò però nella
vicenda torinese forse c’è qualcosa in più che ha portato il giudice a questa
drastica decisione. Infatti la figlia ad un mese di età è stata abbandonata dal
padre in auto - non si sa però per quanto tempo - e quindi si è deciso per
l’affido. La Procura, di fronte al polverone mediatico che si è alzato in
questi giorni, facendo un po’ dietrofront ha insistito molto su questo punto
cercando di mettere in ombra tutte la altre motivazioni appena esposte e così
in una nota ha voluto precisare che «nessun Tribunale, meno che mai quello per
i minorenni di Torino dichiarerebbe adottabile un bambino perché i genitori
sono "troppo anziani". L'età dei genitori non è posta a fondamento
della dichiarazione dello stato di adottabilità, come risulta esplicitamente
scritto nella sentenza».
Nonostante queste prudenti
rettifiche dell’ultima ora la vicenda di questa famiglia può essere accostata
ad altre analoghe: figli dichiarati adottabili perché obesi, insegnamento
obbligatorio nelle scuole statali della cultura di genere e dei dogmi del
darwinismo, sottrazione per anni ai genitori di bambini di tenera età per
allenarli in quegli sport in cui promettono bene presso palestre situate molto
lontano da casa (Cina), etc. Emerge così da questi fatti di cronaca la figura
di uno Stato che si sostituisce ai genitori nel loro ruolo di educatori. È lo
Stato precettore il quale crede di sapere molto meglio di mamma e papà quale
sia il bene per i loro figli. Ed è inutile ricordare che la figura dello Stato
Mamma è una delle caratteristiche dei regimi totalitari, che detta legge su
tutto e tutti.
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