I fragili "paletti" delle "leggi imperfette" di Giacomo
Rocchi, Martedì, 20 Settembre 2011, http://veritaevita.blogspot.com/
Sappiamo bene quali sono stati
gli effetti disastrosi della legge 40 sulla fecondazione artificiale: decine di
migliaia di embrioni creati ogni anno e morti in poche ore o in pochi giorni,
così come previsto, altre migliaia congelati (così come avveniva prima della
legge), diagnosi preimpianto - con eliminazione degli embrioni difettosi -
regolarmente praticata, "sdoganamento" delle pratiche di fecondazione
in vitro sia dal punto di vista sociale che da quello morale ...
A difesa di questa legge -
scritta ed approvata dal mondo cattolico - il popolo delle parrocchie e dei
movimenti è stato mobilitato nella battaglia referendaria dopo essere stato
convinto che si trattava di una battaglia a difesa della vita e della civiltà.
Ma gli anni passano e le verità
emergono. Fra le tante vi è quella del divieto di "mamme-nonne".
Ricordate? Una delle parole d'ordine era quella di impedire gli eccessi della
fecondazione in vitro, demonizzando gli "aspiranti stregoni", come
Severino Antinori...
Scopriamo in Avvenire del
19/9/2011 che la Regione Veneto, alcuni mesi fa, ha stabilito il limite massimo
di età della donna di 50 anni per accedere alla procreazione assistita,
stabilendo, altresì, il numero massimo di tre o quattro tentativi: il tutto a
carico del Servizio Sanitario Nazionale!
Provvedimento illegittimo? Enrico
Negrotti, nell'articolo, spiega a chiare lettere: "L’origine delle
incertezze è in parte nella stessa legge 40 che concede l’accesso alle tecniche
alle coppie in età potenzialmente fertile: una definizione che per le donne
significa presenza del ciclo mestruale, mentre per i ginecologi la fecondità è
ormai ridotta al lumicino già alcuni anni prima dell’effettiva menopausa".
Aggiungiamo noi: oltre a dettare questo criterio così vago, la legge si è ben
guardata dal prevedere qualsiasi sanzione per chi lo viola; cosicché i
tentativi delle coppie anziane sono sostanzialmente liberi.
E infatti l'unico problema -
andiamo al cuore della fecondazione in vitro ... - sembra essere quello dei
soldi: chi paga?
Sì, perché "il costo per
ogni bimbo nato da un donna di 45 anni risulta oscillare tra i 600mila e i
700mila euro". Vedete? Dei costi veri - la produzione e la morte di decine
o centinaia di embrioni per ogni bimbo "in braccio", la devastazione
psicologica e morale delle coppie che falliscono nei ripetuti tentativi, il
rapporto falsato tra genitori e figlio, i problemi psicologici del bambino - ci
si può dimenticare: la legge li permette ...
E così il "tavolo
tecnico" ha elaborato una bella proposta di compromesso (non vincolante
per le Regioni): limite massimo di età per la donna: 43 anni!
Un'età in cui (lo dice la
Relazione al Parlamento del Ministro della Salute) le percentuali di
instaurazione di una gravidanza dopo il prelievo ovocitario crollano (poco più
di sette gravidanze ogni cento prelievi, contro la media di 24 gravidanze ogni
100 prelievi) e, per di più, aumenta enormemente la percentuale delle
gravidanze interrotte per vari motivi (65 gravidanze su 100, contro la media di
24,6 su 100).
Si tratta di decine, di centinaia
di embrioni o bambini morti per ogni "bambino in braccio" di una
mamma di età avanzata.
Questa è una "legge
imperfetta"; per questa ci hanno fatto combattere perché non fosse
abrogata.
Sappiamo che qualcuno sta già
preparando un referendum abrogativo contro la legge sulle DAT che la Camera dei
Deputati potrebbe approvare nei prossimi mesi.
Una richiesta a coloro che sono
pronti ad una nuova mobilitazione: prima di sventolare la bandiera della difesa
della vita, spiegate cosa quella legge prescrive davvero!
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