500 leader in campo contro Obama per difendere la libertà religiosa di
Marco Respinti, 05-03-2012, http://www.labussolaquotidiana.it
Davvero non ci sono precedenti
all’attacco proditorio che l’Amministrazione statunitense guidata da Barack
Obama sta conducendo da settimane contro il fondamento stesso della nazione
americana, vale a dire il principio costituzionale della libertà religiosa.
Con un colpo di mano più unico
che raro, il governo del Paese più democratico del mondo, dove si vota
praticamente per tutto e di continuo, sta cercando d’imporre ai suoi cittadini
misure in palese contrasto anzitutto con l’intangibilità della coscienza,
addossando a essi pure i costi dell’operazione. Davvero poca differenza con qui
regimi che condannano a morte arbitrariamente le persone, fatturando ai
familiari delle vittime il costo della pallottola adoperata.
Che un americano debba cioè
essere costretto dal suo governo a sottoscrivere assicurazioni sulla salute che
contengono servizi in se stessi discutibili e in realtà per nulla inerenti
l’oggetto proprio della polizza stessa - che resta la tutela sanitaria -,
accollandosi persino i costi extra di codeste voci aggiuntive, è cosa già
dispotica. Ma il tutto si fa palesemente tirannico quando in più detti servizi
aggiuntivi violano la coscienza di chi è costretto a sottoscriverli,
soprattutto per il fatto che il primato della coscienza dei cittadini e la sua
libertà di rifiutare misure coercitive è posto dalla carta costituzionale a
fondamento stesso della convivenza sociale.
L’obbligo per tutti i datori di
lavoro di fornire a proprie spese ai dipendenti piani assicurativi che
prevedono servizi di controllo delle nascite manifestamente estranei a
qualsiasi cura sanitaria (a meno di non considerare una malattia la possibilità
stessa di una gravidanza) costituisce infatti un abuso che le leggi del Paese
non permettono; ma pretendere che un onere tanto incidente nella sfera delle
convinzioni personali, della sovranità della coscienza e delle credenze
religiose tutelate dalla Costituzione come prima libertà civile obblighi anche
le Chiese, le istituzioni e qualsiasi tipo di assistenza anche sociale di matrice
religiosa equivale a una vera e propria persecuzione.
In questo ambito, lo scontro che
oppone da un lato la Casa Bianca e dall’altro la Chiesa Cattolica che è negli
Stati Uniti assieme ad altre denominazioni religiose del Paese prosegue da
tempo. Di fronte alla levata di scudi che le Chiese e le altre realtà religiose
organizzate hanno subito opposto a quest’aggressione il governo ha proposto una
sorta di "aggiustamento", consistente nello spostare la fornitura dei
servizi assicurativi dal datore di lavoro alla compagnia assicuratrice. Non
sarebbe più, cioè, il datore di lavoro il soggetto tenuto a fornire al proprio
dipendente i servizi di controllo delle nascite contenuti nei pacchetti
assicurativi, ma lo sarebbe la compagnia assicuratrice fornitrice di una
polizza che li contiene… la quale però il datore di lavoro è tenuto
obbligatoriamente ad acquistare per tutti i propri dipendenti.
Se non fosse drammatico,
scapperebbe da ridere; e però, in verità, una sua logica l’escamotage
dell’Amministrazione Obama ce l’ha. Spostare la fornitura dei servizi di
controllo delle nascite dal datore di lavoro alla compagnia assicuratrice, anzi
al modo in cui le polizze sono formulate, offre al datore di lavoro un alibi
dietro cui farsi scudo. Di per sé, infatti - potrebbe sostenere il datore di
lavoro -, i servizi di controllo delle nascite li fornisce la compagnia
assicuratrice, che è parte terza indipendente sia dal datore di lavoro sia dal
dipendente; e siccome la sottoscrizione di una polizza assicurativa sulla salute
per il dipendente è un obbligo di legge cui il datore di lavoro è comunque
tenuto, la responsabilità delle clausole di detta polizza, servizi di controllo
delle nascite compresi, non è imputabile al datore di lavoro che meramente si
limita a rispettare la legge.
Ma, con tutta evidenza, si tratta
di un sofisma. A cui magari in altri tempi e in altri luoghi del mondo, di
fronte a situazioni analoghe o a casi equipollenti, qualche cattolico o qualche
credente di altra fede si è pure conformato onde lavarsi pilatescamente le mani
e mantenere il quietovivere con le istituzioni. Ma non così negli Stati Uniti.
Negli Stati Uniti, di fronte a
questa seconda fase dell’offensiva Obama, che non è meno grave della prima e
che semmai aggiunge pure la beffa dello scherno e della tentazione alla
pavidità, i credenti tutti, cattolici e non cattolici, scelgono di rispondere
con coraggio sottoscrivendo in massa un documento fondamentale, diffuso il 1°
maggio.
Intitolato Unacceptable,
"Inaccettabile", è stato redatto da The Becket Fund for Religious
Liberty di Washington, una nota e benemerita organizzazione impegnata nella
difesa della libertà religiosa e attiva anzitutto nell’assistenza legale alle
vittime di abusi come quelli oggi perpetrati dalla Casa Bianca con accanimento
senza dubbio degno di miglior causa. Intitolato a san Tommaso Becket
(1118ca.-1170) - il famoso arcivescovo di Canterbury dell’“assassinio nella
cattedrale” che fu martirizzato dagli sgherri di un re dispotico per essersi
opposto alla tirannia di uno Stato che conculcava le libertà della Chiesa e
della coscienza -, il Fund è nato nel 1994 per iniziativa dell’avvocato Kevin
J. "Seamus" Hasson, che ne è tutt’ora il presidente. Di per sé, è una
istituzione nata e cresciuta orgogliosamente cattolica, ma ufficialmente è
tanto no-profit quanto aconfessionale, e giustamente si vanta di annoverare tra
i propri clienti anche credenti buddisti, indù, ebrei, musulmani, sikh e
zoroastriani…
I primi firmatari del documento
del Becket Fund sono John Garvey, preside della Catholic University of America;
Mary Ann Glendon, docente di Diritto ad Harvard e già ambasciatrice
statunitense presso la Santa Sede; Robert P. George, docente di Giurisprudenza
alla Princeton University e leader della Dichiarazione di Manhattan; O. Carter
Snead, docente di Diritto alla University of Notre Dame di South Bend
nell’Indiana; e Yuval Levin, di quell’Ethics and Public Policy Center di
Washington tra i cui fellow eminenti figura George Weigel, tra l’altro biografo
di due pontefici.
Seguono dunque cinque centinaia
di nomi "pesantissimi", tra cui l’immancabile cardinale Timothy M.
Dolan, arcivescovo di New York e presidente della Conferenza episcopale
cattolica statunitense, che è l’incontrastato leader della rivolta frontale alle
vessazioni dell’Amministrazione Obama; l’arcivescovo di Louisville, Joseph
Edward Kurtz; l’arcivescovo di Philadelphia, Charles Joseph Chaput; il pastore
Paige Patterson, presidente del Southwestern Baptist Theological Seminary di
Louisville, in Kentucky; l’arcivescovo Peter J. Akinola, ex primate anglicano
di Angola, leader di una congregazione conservatrice nordamericana di fedeli
della Comunione Anglicana; il rabbino David Novak dell’Università di Toronto;
il dotto musulmano Shaykh Hamza Yusuf, cofondatore dello Zaytuna College di
Berkeley, in California.
Come ha notato L’Osservatore
Romano il 1° marzo, «è infatti lo stesso diritto alla libertà religiosa a
essere messo in discussione negli Stati Uniti. Lo ha sottolineato anche il
cardinale arcivescovo di Chicago, Francis Eugene George, che dal 2007 al 2010
ha guidato la Conferenza episcopale, in un editoriale pubblicato domenica 26 su
Catholic New World», il settimanale diocesano, affermando: «quest’anno alla
Chiesa cattolica negli Stati Uniti viene detto che deve “rinunciare” alle sue
istituzioni sanitarie, alle sue università e a molte delle sue organizzazioni
di servizio sociale». Ma, continua il presule, «non è un sacrificio
volontario». Chi peraltro vi si sottrarrà, incorrerà in gravi sanzioni
pecuniarie - «e questo non è economicamente sostenibile» -, oppure, per non
pagare multe, sarà costretto a «secolarizzarsi». Applicare infatti la nuova
normativa prevista dalla riforma sanitaria voluta dell’Amministrazione Obama
significherà essere costretti a «interrompere il legame con la Chiesa e i suoi
insegnamenti morali e sociali». E questo è l’obiettivo che da sempre perseguono
tutti i regime dispotici che temono e che quindi odiano la Chiesa anche per la
sua capacità di porre ostacoli concreti alla tirannide, proprio in nome di
quell’obbedienza più alta che è il giogo forte e dolce della fedeltà alla
Cattedra di Pietro.
Di seguito, la traduzione
italiana del documento di denuncia redatto da The Becket Fund for Religious
Liberty; l’elenco completo dei firmatari si trova in calce alla versione
originale dello stesso, altrettanto qui disponibile.
INACCETTABILE
1° marzo 2012
Nella disputa riguardante
l’obbligo, stabilito dallo United States Department of Health and Human
Services, cioè il ministero della Salute, di fornire (senza condivisione dei
costi) l’aborto per via farmacologica, la sterilizzazione e la contraccezione, l’Amministrazione
Obama ha offerto alle istituzioni religiose ciò che ha definito un
"accomodamento". Adesso, cioè, l’Amministrazione obbligherà tutti i
piani assicurativi a garantire ("gratuitamente") questi stessi
prodotti e questi stessi servizi. Una volta che un impiegato appartenente a una
realtà religiosa (oppure un singolo credente) avrà sottoscritto
un’assicurazione (cosa che, per legge, deve fare), sarà la compagnia
assicuratrice a contattare gli impiegati assicurati avvisandoli del fatto che
le loro polizze comprendono pure le suddette discutibili clausole.
Questo cosiddetto
"accomodamento" non apporta però alcun cambiamento alla sostanza
morale del provvedimento, né ferma l’attacco alla libertà religiosa e ai
diritti della coscienza che esso comporta, e da cui è scaturita la
controversia. Certamente non è cioè di un compromesso. Il motivo della prima
reazione bipartisan alla nuova misura fu in origine la pervicacia con cui
l’Amministrazione voleva che i datori di lavoro religiosi, istituzioni o singoli
che fossero, fornissero ai propri impiegati assicurazioni che garantiscono
servizi che essi giudicano gravemente immorali e ingiusti. Ma anche con la
revisione di quella norma il governo continua a costringere le istituzioni
religiose e i singoli credenti a sottoscrivere polizze assicurative che
includono ancora gli stessi esatti servizi.
Rispondere che i datori di lavoro
religiosi non "pagano" per questa parte della copertura assicurativa
non è del resto affatto una risposta. È infatti pura fantasia pensare che le
compagnie assicuratrici non si rivarranno sui clienti per il costo di quei
servizi aggiuntivi. Ma, cosa più importante, i farmaci che inducono l’aborto, i
mezzi di sterilizzazione e gli anticoncezionali costituiscono una clausola
obbligatoria della polizza che le istituzioni religiose o i singoli credenti
sottoscrivono. Quei servizi saranno cioè garantiti a chi è assicurato da dette
polizze semplicemente in virtù delle condizioni contenute nella polizza stessa.
È moralmente ottuso che l’Amministrazione
suggerisca (come fa) che la revisione della norme sia un accomodamento
rispettoso della libertà religiosa, e questo solo perché sarà la compagnia
assicuratrice quella che informerà la tale impiegata di avere diritto alla
"pillola dei cinque giorni dopo" che distrugge l’embrione
semplicemente nel rispetto del contratto di assicurazione sottoscritto dal suo
datore di lavoro religioso. Non importa infatti chi spiega le condizioni della
polizza sottoscritta dal datore di lavoro facente parte di una determinata
denominazione religiosa o semplicemente credente. Ciò che importa sono i
servizi che la polizza garantisce.
Il fatto puro e semplice è
insomma che l’Amministrazione Obama sta costringendo le persone e le
istituzioni religiose che siano datori di lavoro a sottoscrivere un contratto
assicurativo sulla salute che fornisce l’aborto per via farmacologica, la
sterilizzazione e la contraccezione. E questa è una violazione grave della
libertà religiosa, che non può essere tollerata. È un insulto all’intelligenza
dei cattolici, dei protestanti, degli ortodossi orientali, degli ebrei, dei
musulmani e delle altre persone di fede e di coscienza immaginare che queste
persone subiranno lo scippo della propria libertà religiosa semplicemente
perché lo si maschera dietro un volgare trucco contabile.
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