Giustizia gay di Riccardo Cascioli, 16-03-2012, http://www.labussolaquotidiana.it
Purtroppo ci risiamo. Avevamo
giusto parlato ieri della Risoluzione dell’Europarlamento in tema di unioni
omosessuali, ed ecco che la Corte di Cassazione interviene sull’argomento con
una sentenza “politica” che riconosce le unioni gay. Il caso era quello di due
omosessuali che, avendo contratto matrimonio in altro paese europeo, ne
chiedevano il riconoscimento in Italia attraverso trascrizione sui registri di
stato civile del comune di residenza. La trascrizione era stata ovviamente
rifiutata dal Comune, da qui il ricorso alla magistratura: bocciato in primo e
secondo grado, il ricorso è arrivato alla Cassazione.
In verità anche la Cassazione non
ha potuto fare altro che rigettare il ricorso perché la legge italiana non
permette una tale pratica, ma la sentenza è stata infarcita di affermazioni,
considerazioni e sollecitazioni al legislatore destinate a provocare
conseguenze importanti.
Sostanzialmente la Cassazione
dice anzitutto che le coppie gay hanno diritto comunque a vivere la “vita
famigliare” e in specifiche situazioni hanno “diritto a un trattamento omogeneo
a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”. Ma la cosa più
dirompente segue subito dopo: dice infatti la Cassazione che "è stata
radicalmente superata la concezione secondo cui la diversità di sesso dei
nubendi è presupposto indispensabile, per così dire naturalistico, della stessa
esistenza del matrimonio”. E invita il Parlamento a “individuare le forme di
garanzia e di riconoscimento per le unioni" omosessuali, "restando
riservata alla Corte costituzionale la possibilità di intervenire a tutela di
specifiche situazioni".
In altre parole, la Suprema Corte
dice che il diritto naturale – in base al quale la famiglia è solo quella
fondata sul matrimonio tra uomo e donna - non esiste e che perciò accoglierebbe
volentieri il ricorso della coppia gay, se non fosse per il fatto che la legge
di uno stato retrogrado come l’Italia non lo permette. E per questo invita il
Parlamento ad adeguarsi immediatamente e la Corte Costituzionale a comportarsi
di conseguenza.
Sul merito della vicenda non
possiamo non confermare quanto già scritto nell’editoriale di ieri in cui si
chiarisce il motivo per cui ogni stato “laico” deve – o dovrebbe – promuovere
la famiglia naturale.
Ma specificamente alla presa di
posizione della Cassazione non possiamo non notare un’arroganza senza limiti in
cui un giudice fa pesare in una sentenza le proprie convinzioni, personali
quanto discutibili, facendole passare per patrimonio comune dell’umanità. E
addirittura si permette di fare pressioni su governo e parlamento perché si
adeguino alle sue idee.
Certo non sorprende molto questa
uscita della Cassazione, visto che a firmare la sentenza è stata Maria
Gabriella Luccioli, già nota per la sentenza che spianò la strada alla
eliminazione di Eluana Englaro, ma anche per altre sentenze mirate a riscrivere
il diritto di famiglia, secondo i princìpi dettati dalla cultura
vetero-femminista.
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